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Dimenticare tutto, reinventare tutto

1 Giu

Dimenticare tutto. Reinventare tutto.
Oggi non abbiamo nessun dovere. Non abbiamo scadenze, non abbiamo smartphone, non abbiamo social. Abbiamo soltanto alberi, muschio, foglie, erba. Una vita nei boschi.
Ritiriamoci lì, prendiamo un pezzo di legno e scolpiamo un animale.
Ecco, così.
Certo, è venuto un po’ strano… Non è proprio uno scoiattolo: sembra avere le corna… eppure non sembra nemmeno un cervo… Dai, non ti abbattere, non è vero che non lo sai fare: hai chiaramente creato un cerviattolo!
Come, non lo conosci?
Il cerviattolo è un piccolo mammifero del Nord Europa, molto difficile da avvistare. Non tanto per la sua velocità, quanto perché, quando capita di incontrarlo, lui indica un punto lontano facendo il suo tipico verso: “Ehi, guarda là!”, e poi scappa via inosservato.
Il suo manto è solitamente marrone, perché gli si intona ai calzini blu.
È dotato di una grande coda, che gli torna utile per equilibrarsi nei salti tra un ramo e l’altro, ma scomoda quando vuole provare un perizoma; si presenta folta e piena di pelo morbido, tranne quando riesce a fissare un appuntamento dall’estetista.
È dotato di piccole corna, che diventano sempre più grandi e ramificate con il passare dell’età, per distogliere l’attenzione dagli addominali che non sono più quelli di un tempo…
Si nutre principalmente di bacche, ghiande e mezze maniche all’amatriciana.
La sua tana è scavata alla base degli alberi, ma al momento sta da un amico.
Sa suonare benissimo il sitar, però nei boschi del Nord Europa non se ne trovano molti, quindi non lo ha mai dimostrato. E poi il suo amico non vuole troppo rumore in casa.
La stagione degli amori è vissuta con sofferenza dal maschio di cerviattolo, che corteggia la femmina per settimane, con danze, serenate, sonetti e portandola a cena in centro – che in piazza c’è un ristorantino aperto da poco dove suo cugino ha detto di essersi trovato bene; ma a fine serata, quando la riaccompagna sotto casa, la femmina lo guarda negli occhi ed esclama: “Ehi, guarda là!”. E così, pure per questa stagione, il maschio di cerviattolo dovrà dimenticare tutto e reinventare tutto.
È un’occasione: daje, cerviattolo!

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un cane al ristorante

1 Feb

Vorrei farti un ritratto.
Credo userei un pastello. Il colore non lo so, dipenderebbe dal momento.
Accarezzare il tuo visto sulla carta.
Riscoprirti e scoprirti. Perché molte cose di te ancora non le conosco. E disegnarti sarebbe un modo per parlarti di me.
Disegnare è scrivere. Scrivere è disegnare.

Quanti sogni sulla carta.
Speranza di diventare un artista, speranza di diventare uno scrittore, speranza di diventare un comico, speranza che la carta non sparisca nel nulla.
Sudore e lacrime.

Mentre ti scrivo sono in un’antica osteria.
E c’è un cane.
Gira per i tavoli.
È bianco, con tante macchie marroni. Quindi forse è marrone con del pelo bianco.
Il naso è rosa.
Si avvicina e guarda. Non vuole niente. Semplicemente, guarda.
Forse sorride, perché ha visto tante persone passare da questo posto. Anche poeti.
Poi si volta e trotterella verso un altro tavolo. È pacatamente contento.
È un bel momento.

matrimonio

6 Giu

È il giorno più atteso. Per alcuni il più bello.
Per altri una noiosa giornata fra parenti.
Per altri ancora una lunga abbuffata.
Io sono finito qua un po’ per dovere e un po’ per educazione.
Mi sono svegliato all’ultimo, infilato un completo a caso con una camicia ancor più a caso, e una cravatta che… quella non ricordavo nemmeno di averla messa.
Messa. Mi perdo tra affreschi, vetrate e colonne.
(ok, per non smentirmi qualche goccia di commozione la verso…)
Riso, bla bla… Ed eccoci al ristorante.
Con chi sarò finito nella magica ruota della divisione dei tavoli? Non conosco nessuno.
Entro nella sala, cerco il mio tavolo, mi siedo, saluto, lettura del menu, applauso agli sposi, mi rigiro verso il mio piatto… no, aspetta: una figura mi è rimasta impressa… torno a voltarmi verso l’altro tavolo, due tavoli oltre il mio… bellissima!
Stai ridendo insieme a delle tue amiche. Hai uno di quei vestiti non appariscenti, ma che denotano buon gusto e molta più riflessione a riguardo rispetto alla mia. Anche il trucco è sobrio, e i capelli curati. Muovi le mani con attenzione.
Arrivano gli antipasti, e sono costretto a voltarmi verso il mio piatto… Cerco di aprirmi una bocca sulla nuca, pur di guardarti… Devo assolutamente cambiare di posto, non posso darti le spalle!
Fortunatamente riesco a convincere un cugino di decimo grado a scambiarci; sempre lontani, ma almeno ora posso guardarti: mangi composta e ascolti con attenzione i discorsi degli altri, anche se sembrerebbe che… ma no, sarà stata un’impressione… eppure, ecco, ancora! Mi hai guardato! Possibile? Resto con la forchetta a mezz’aria, vicino alla bocca aperta… ecco, di nuovo, mi stai guardando! E mi sorridi!
Sono bellissimi i tuoi occhi quando si stringono nelle tue gote sorridenti!
Non so quanto tempo sono rimasto immobile così, ma il cameriere alla fine mi ha tolto la forchetta di mano e sono rimasto a bocca asciutta e aperta.
Mi parlano e cerco di interagire per apparire una persona normale, dato che questi lontani parenti li vedrò forse solo in questa occasione… Ma i miei occhi cercano sempre te, per gioire nell’illusione di incrociare il tuo sguardo.
Passano così le ore e le pietanze, ci si stringe tutti attorno alla torta; cerco di avvicinarti, riesco ormai a sentire il tuo profumo… è dolce… ma mi rifilano il dolce in mano, e siamo divisi ancora.
Effettivamente non avrei saputo cosa dirti: è un’altra la coppia che si unisce oggi!
Si aprono le danze.
Vorrei provare a ballare con te, ma perché rovinare l’eventuale buona idea che puoi avere di me?
Qualche ragazzo nettamente ubriaco però non si fa di questi problemi, e sei bella quando ti diverti.
E sei anche meravigliosa nel donarmi qualche sguardo tra un sorriso e l’altro.
Sarai amica dello sposo o della sposa? Sarai un’imbucata? Mi dimentico di indagare, perché non posso perdere nemmeno un attimo di te.
Ti guardo sederti.
Mi guardi guardarti.
Ti guardo sorridermi.
Mi guardi guardarti.
Ti guardo prendere la borsa.
Mi guardi guardarti.
Ti guardo prendere la bomboniera.
Mi guardi guardarti.
Ti guardo salutare gli sposi.
Mi guardi guardarti.
Ti guardo uscire dal ristorante.
Mi guardo solo.
Mi guardo inseguirti al parcheggio.
Ti guardo guardarmi.

Ti avvicini – riecco quel profumo che ormai riconoscerò tra mille:
“Allora, che vogliamo fare?”
“Ci… scambiamo i numeri?”
“No…”
“Posso almeno sapere come ti chiami?”
“No, è più divertente così…”
“E allora come posso fare a rivederti?”
“Se dovrà essere, accadrà”
“Dovrò aspettare il prossimo matrimonio?”
“Forse. Ma tranquillo, ho preso il bouquet: magari il prossimo matrimonio sarà il nostro”.