Treniaerei ci dividono. Tu chissà dove sei. E io sono qui. Qui dove? Sono qui a scriverti, non mi vedi? Sono quello che sta digitando la frase “sono quello che sta digitando la frase”. Ora però sono passato a scrivere altro.
Ci incontriamo per fugaci appuntamenti in stanze di hotel fatte di pagine.
Arriviamo separati, da direzioni casuali. Alla reception ormai ti conoscono, ti fanno un cenno come a dire “ti aspettavamo”. L’ascensore ti eleva verso l’iperuranio. Solito numero di stanza – sai quale, è inutile che te lo ricordi. Apri la porta, la carta da parati è sempre diversa, sempre una piacevole sorpresa. Dentro ci sono io, sto guardando fuori dalla finestra; mi volto e ti sorrido.
Rieccoci finalmente qui nel nostro nido sicuro: ci raccogliamo in racconti, ci avvolgiamo con avverbi, ci aggreghiamo con aggettivi… così viviamo i nostri appuntamenti di appunti.
Desideri realizzati a origami.
Sfiniti, ci guardiamo negli occhi, occhi diventati rossi a scolpire poesia che possa viaggiare nel tempo: quando nascono queste parole? Nascono quando le scrivo, quando le leggi, quando le rileggeremo, quando le rileggeranno… Sculture sommerse dalla terra che tornano a respirare, tra erba e pietra; esistono sempre e non smetteranno mai di esistere.
Treniaerei tornano a dividerci. E io sono sempre qui, nella nostra stanza di hotel a scriverti che sono sempre qui, nella nostra stanza di hotel ad aspettarti per far nascere insieme nuova eternità.
Origami
1 FebTutto questo spazio da riempire
1 SetOcchi per guardare fuori, ma anche per farmi guardare dentro.
Dentro c’è tutto questo spazio da riempire. Vediamo di ricordarcelo, eh!
Anche perché pure l’universo si riempie. Di cosa? Di altri universi più piccoli: ciò che è in grande è anche in piccolo, all’infinito.
Come un cubo bianco. Vuoto? Beh, ci sarà almeno dell’aria dentro… Ma non solo: trattasi di un cubo pieno di ricordi. Tutti ammassati, uno sopra l’altro, spaiati, accavallati… difficilmente sono ben ordinati, piegati e puliti; quasi mai sono come nuovi. I ricordi sono sempre usati. L’importante è che siano un buon usato; è importante usare bene i ricordi.
Quindi ‘sto cubo bianco sembra vuoto, ma il vuoto è da maneggiare con cura, va coltivato, perché è un attimo che precipiti: negli angoli si annidano le ragnatele che intrappolano le storie che non volano più.
Avere una buona tavolozza in cui mescolare i ricordi permette la nascita di altri buoni ricordi. Un viaggio nel tempo, in cui il presente incontra il passato creando il futuro: nelle vecchie fotografie ingiallite che ne è di quegli occhi che stavano guardando l’obbiettivo speranzosi? Finestre che guardano fuori, ma anche per guardare dentro.
Bene, come vedi le istruzioni sono piuttosto semplici – mi sembrava giusto fare un piccolo ripassino.
Sono casa tua, arredami come vuoi.
I fiori sbocciano comunque
1 MagPioggia, nuvole grigie, tempesta, solo rocce… I fiori sorridono al vento, richiamando il sole.
Una rana che nuota in uno stagno. Perché ha solo voglia di farsi una nuotata. Poi canterà anche un po’.
Troppe parole, più azione: godersi una tartaruga che passeggia.
Quanto sono belle le tartarughe? Sarà il fascino della saggezza…
La tartaruga passeggia e si avvicina a un fiore. Giallo – il fiore. Allunga il collo – la tartaruga – per annusarlo. Apre la bocca, con quella tipica espressione da tartaruga; sembra contenta. Fa per mangiarlo, ma poi ci ripensa: è bello, sarebbe un peccato. E poi non le farebbe bene. Trae più giovamento nel sapere che esiste, nel contemplarlo e guardare la giornata con lui.
Socchiude gli occhi osservando il cielo e gli dice:
“Non avere una voce triste. Se provi a sorridere, poi ti scoprirai a sorridere davvero.”
Poi quel fiore deve averlo detto pure a tutti gli altri, e forse è un po’ anche per questo che i fiori sbocciano comunque.
Polaroid
1 DicQui stai passeggiando sotto la pioggia, nel parco. Bianco e nero.
Qui stai ascoltando un vinile. Jazz.
Qui stai stendendo un lenzuolo bianco per proiettarci sopra un vecchio film.
Qui stai scrivendo con la macchina da scrivere. Trasportata dal suono dei tasti e dalle fantasie fuori dalle finestre.
Qui stai provando a disegnare.
Qui stai leggendo una cosa buffa e sorridi.
Qui stai leggendo.
Qui stai sorridendo.
Qui stai mangiando una cosa che ti piace.
Qui sei sorpresa. Con gli occhi luminosi.
Qui stai saltellando.
Qui stai passeggiando in un museo.
Qui stai pensando, socchiudendo gli occhi.
Qui stai guardando in su.
Qui stai riposando.
Qui sei tu.
Ho scattato tutte queste fotografie dei momenti in cui ti darei un bacio.
guardiamo avanti insieme
1 LugSento che sei vicina. Guardo fisso davanti a me, sono emozionato… mi sto agitando. Spero che da fuori non si noti.
Sono capitato qui per caso, accanto a te. O forse l’ho desiderato così tanto che si è avverato? Io non sapevo nemmeno della tua esistenza fino a poco tempo fa, ma dentro di me speravo davvero molto di provare questa sensazione nella mia esistenza… Sono stato in grado di influire sul caso? È possibile? O forse era già tutto scritto? Serve a qualcosa farmi queste domande?
Ero da tutt’altra parte, e anche tu, poi una mano ci ha afferrati e ci ha messi qui, uno vicino all’altra.
Su questa mensola.
Siamo solo un oggetto accanto a un altro oggetto, eppure sono incredibilmente felice. Cioè, tu sei un manufatto bellissimo, intendiamoci. Io… beh, un oggetto. Anche un po’ sbeccato… però, dai, ha il suo fascino.
Da fuori siamo solo aggeggi inanimati e incapaci di scegliere, che possono solo subire passivamente. Qualcuno può pensare che la nostra condizione sia terribilmente triste… Eppure ovunque può esserci gioia.
Anzi, com’è possibile che la piccola quantità di legno di cui sono fatto riesca a contenere tutta questa felicità?
Anche a te farà piacere quanto a me? Riuscirò a renderti altrettanto felice per questa casuale unione? E se poi venissimo ancora divisi? Se tu finissi accanto a un altro coso e io fossi buttato via? Tutto è desiderio, e posso solo fare del mio meglio: ti racconterò tante storie e tante ne vedremo insieme.
Sono solo un soprammobile, non posso nemmeno voltarmi ad ammirarti… Entrambi rivolti verso questa stanza, non possiamo fare altro che guardare avanti.
E allora guardiamo avanti insieme.
per lo stesso motivo di una pioggia estiva, forse
1 LugChe strana cosa, la chimica. Al liceo la si studia, ma non ti spiegano che certe cose ti si muovono per caso e ti ritrovi cappottato.
Guardi una foto, leggi un nome, ricordi, immagini… e ti ritrovi che, chissà perché, il petto ti rimbomba nelle orecchie.
E perché, poi?
Per lo stesso motivo di una pioggia estiva, forse.
E infatti magari ti si inumidiscono anche gli occhi.
Fai finta di niente, e dai la colpa alla pioggia…
È strano come ci si avvicini, è strano come ci si unisca, è strano come ci si divida. Ed è ancora più strano quello che c’è dopo: non c’è niente, ed è ancor più presente di ogni altra cosa.
Verrebbe da smettere. Ma non si smette mai.
Non si può, perché una pioggia estiva arriverà sempre a rinfrescare.
dietro le palpebre
1 FebUna piccola strada
oltre la quale c’è il buio.
Soli.
Nel vuoto.
Allunga la mano,
mi senti?
Sono sempre accanto a te.
Ti avvolgo con la mia voce:
ti racconto storie
e ti mostro come unire i tuoi puntini
in figure fantastiche.
Galoppare sui colori,
volare su terre di musica,
respirare le stelle…
Reinvento la fisica, per te.
Vieni qui,
questa notte,
tutte le notti,
addormentiamoci insieme:
non è facile
chiudere gli occhi.
(oh, comunque domani ricordati di riaprirli, che ricominciamo!)
ci si insegue continuamente
1 AprCi si insegue. Ci si insegue continuamente.
Non ne capisco bene il senso, perché basterebbe dirsi “sono qui”.
Si perdono tante energie. E tempo.
Perché avere così tanta paura della persona a cui decidiamo di abbandonarci totalmente?
Perché non mi scrivi tu?
Perché devi ingannarti e restare ancorata a una visione così piccola?
Come fanno i tuoi occhi senza i miei? Non ti accorgi che mi cercano?
E i tuoi capelli come fanno senza che io ci nuoti dentro?
I giorni passano, le nuvole cambiano, gli alberi si stancano.
Porta pazienza.
Non disegneremo più insieme.
Non gioco più.
È un pesce d’aprile: sono qui.
le cuffie nelle orecchie e quel certo sguardo
1 FebIn questo periodo ci sono quelle giornate in cui il sole, nel suo pallore, sembra comunque accarezzare più allegramente le cose.
Ti dà una spinta per uscire a cercare te stesso. In una corsa, in un libro, in una pagina da scrivere.
A volte la musica è sconsigliata, ma metti lo stesso le cuffie e ti immergi in un mondo che si muove al rallentatore. Le chitarre nelle orecchie ti trascinano giù, così ti concentri sul tuo respiro, provi a calmarlo.
Le foglie cercano di danzare per te. Vuoi restare aggrappato alla tua malinconia, ma poi ti concedi di danzare con loro.
Molte cose non sono semplici, ma non sono nemmeno difficili.
Ti concedi di respirare, e osservare ciò che ti circonda, valorizzandolo ai tuoi occhi.
E così il tuo sguardo incrocia quello di un’altra persona; anche lei con le cuffie nelle orecchie e quel certo sguardo.
Non sei più solo.