Non ho mai guardato le macchine. Non mi sono mai interessate, nemmeno all’asilo, quando tutti giocavano con le macchinine.
Per me la macchina è solo un mezzo che mi aiuta ad andare più velocemente da qua a là.
E sulle macchinine lo trovavo difficile.
Ma ora la tua macchina la riconoscerei ovunque.
E infatti la trovo davvero ovunque! (ma quanti modelli hanno venduto?)
Ogni volta che la vedo mi avvicino e cerco di scorgere i tuoi capelli appoggiati al sedile… Ma alla fine trovo quasi sempre ragazzi impegnati a scaccolarsi, o a telefonare, o a scaccolarsi col telefono…
Ci sono sempre due fasi quando vedo quella macchina lì: entusiasmo per la speranza, in cui il cuore comincia a battere forte, e poi delusione per il dispiacere di non trovare te che mi sorridi, in cui pure la radio passa canzoni tristi.
Un po’ come col Kinder Sorpresa, quando non trovavo il pupazzetto da collezione…
Poi sai che bello sarebbe ora che è notte… Sono qui che giro in macchina, al calduccio, mentre fuori fa freddo; i lampioni e i fari delle auto decorano il blu e il grigio regalando degli interessanti videoclip.
Mi fermo al semaforo.
Poco dopo, accanto a me si ferma quell’ennesima macchina lì, come la tua. Il finestrino che dà sul mio lato è appannato. Eppure alla guida c’è una sagoma di capelli che potrebbe corrispondere… La musica è alta e passa attraverso i vetri chiusi… Anche quello potrebbe corrispondere.
Scatta il verde e la macchina svolta. Mi guardo attorno: non c’è nessuno… ok, la seguo!
Anche da dietro, i capelli appoggiati al sedile sembrano proprio i tuoi…
Altro semaforo rosso.
Cerco di guardare nello specchietto retrovisore… Quegli occhi! Sei davvero finalmente tu?! A un certo punto incrociano il mio sguardo!
Verde e parti.
Preso alla sprovvista metto la prima e parto anch’io.
Cosa dovrei fare? Faccio i fari? Suono il clacson? Escluderei il tamponarti per mandarti fuori strada…
Mentre ti seguo e penso a tutte queste possibilità, tu metti una freccia a destra. Non c’è nessuna strada: accosti. Non so che altro fare, così accosto dietro di te.
Siamo fermi accanto alla strada, uno dietro l’altra, chiusi in due macchine diverse.
Cosa devo fare?
Suono il clacson?
Mi faccio coraggio e scendo. Cammino fino al tuo finestrino. Sei proprio tu.
Mi sorridi.
Apri la portiera e scendi dalla macchina.
Sei di fronte a me.
Sbatti lentamente le palpebre.
Mi abbracci. Mi accarezzi la testa e mi sussurri all’orecchio: “ciao”.
Non so cosa fare.
Suono il clacson.
Perché ho suonato il clacson?
Ancora.
Ma come ho fatto?
L’ennesimo suono del clacson mi sveglia.
Sono ancora al semaforo. È scattato il verde e le macchine dietro di me vorrebbero partire.
Metto la prima e mi avvio lungo la strada che mi fa incontrare diverse macchine come quella macchina lì…
Prima o poi dentro ci sarai davvero tu.
quella macchina lì…
1 Maralberi
1 MarGuardo le macchine passare.
Ogni tanto ai finestrini c’è qualcuno che guarda anche me.
Bambini perlopiù.
Sto immobile e guardo il susseguirsi delle stagioni.
Non posso muovermi: le mie radici sono qui. E di certo non sono famoso per i miei viaggi…
Il vento mi colpisce ma non ci do peso. Non mi interessa. Ne prendo atto, certo. Ma questa è la vita.
Come quando piove: guardo con stupore ogni goccia che mi colpisce, la guardo accarezzarmi e lasciarmi per cadere. E guardo evaporare ciò che ne resta su di me.
Rimango solo io.
Non è passività, o tristezza, bensì serena rassegnazione a ciò che è.
Anche le gocce sanno che dovranno cadere. Accettano e gioiscono del loro essere gocce.
Quanta gioia quando il sole sorge risvegliando tutto, e quanti pensieri quando se ne va spegnendo tutto.
Chiuso in me stesso, non mi è dato di condividere i miei pensieri.
Guardo tutto da qua. Guardo tutti da qua.
Tante vite scorrono senza saperlo. Non guardano, non badano.
Ripeto, non sono triste. Accetto.
Ok, sì, delle volte vorrei vedere anche solo cosa c’è al di là della collina. O scoprire com’è il mondo visto da laggiù.
Una ragazza, passando in macchina ha gettato un foglietto con scritto:
“Oggi ho scoperto che mi piacciono tantissimo gli alberi che si stagliano in cielo.
Anche quelli brutti e spogli.
(anzi, forse più di tutti mi piacciono proprio quelli brutti e spogli!)”.
Per fortuna ogni tanto i tuoi rami si intrecciano coi miei.
treni
26 AprSono in ritardo – come al solito.
Corro tra un marciapiede e l’altro, con il sudore sulla fronte che si mescola alle gocce di pioggia.
La banchina accanto al tuo treno è ormai vuota. Ti cerco nelle figure che riempiono la stazione.
Non ti trovo.
Esco sull’altro lato della stazione.
Su un muretto delle gambe attendono in un modo che mi è familiare.
Siedi triste e non ti importa niente della pioggia: temevi non venissi.
Ti accorgi dei miei occhi.
Mi guardi, non ti muovi.
Ti guardo, continuo a camminare verso di te.
Seguo il filo che ci unisce fino a raggiungere il muretto. Mi siedo accanto a te.
Stiamo in silenzio.
Hai le dita aggrovigliate nei capelli bagnati.
Quelle dita che occupano ogni mio pensiero…
Non succede niente. Qui. Mentre lì la città continua a correre, la pioggia continua a scendere, i treni continuano a partire e i minuti a passare.
Faccio un profondo respiro, e il tuo profumo mi inonda le narici. (non lo ricordavo così dolce)
Ti abbraccio.
La pioggia mi aiuta a nascondere le lacrime.
Non so quanto tempo sia passato così.
Le uniche parole che ci scambiamo sono tue: “Parte il treno”.
Non vuoi che ti ci accompagni.
Ma lo faccio lo stesso.
Sali, e io resto a guardarti dal finestrino.
Ti guardo, non mi muovo.
Mi guardi, lacrime. Scendono dai tuoi occhi fino alle tue labbra, che mi chiamano.
Il capotreno fischia.
Ti lascio al finestrino e corro; mi infilo mentre le porte si stanno chiudendo. Il treno parte.
Ed eccomi dal tuo stesso lato del vetro.
Sul sedile accanto al tuo c’è una signora; mi ci siedo in braccio e questa volta ti parlo io: “ciao”. E ti bacio.
Ora le lacrime scendono dai tuoi occhi alle mie labbra.
Sono salate.
Ma dolce è il tuo profumo.
Non mi piace perdere treni.