Questa volta facciamo un esperimento interattivo.
Prova a fermare il tempo.
Ce l’hai fatta?
Secondo me sì, ma non ne hai avuto la percezione. Perché il tempo era fermo.
Ora aspetta che arrivi il dopo.
Ok, eccolo.
Adesso prova a mandarmi un messaggio col pensiero… vai.
Vediamo…
È arrivato, l’ho sentito.
Ancora?
Fai un salto senza muoverti.
Corri a destra e sinistra contemporaneamente.
Disegna senza toccare niente.
Scolpisci senza materia.
Inizia ininterrottamente.
Tutto giusto, tutto possibile.
A volte sembra che più fantasia ci metti, più l’età dell’interlocutore si abbassi. Peccato. O forse no.
Concludi senza smettere.
L’istante dopo che hai fermato il tempo e prima che riparta
1 Marguardare le albe da questa casa
1 SetQuando si rientra dalle vacanze sembra di affrontare un altro mondo. Si è cambiati; il posto in cui si vive lo si riconosce, ma è come se lo si guardasse da lontano. Per un po’ i polmoni respireranno ancora l’aria di quell’isola in cui hai passato le ultime settimane.
L’estate è il periodo in cui si può finalmente pensare solo a vivere, per questo i rapporti estivi sono quelli che lasciano di più il segno. Sono forse più sinceri dentro di noi.
Anche per questo spesso le vacanze si rivelano decisive per far funzionare un rapporto o portarlo a una conclusione.
Purtroppo a questo giro rientri sola. Con lui non ha funzionato. Da un po’ cercavate di convincervi che potesse andare, nonostante gli scricchiolii… ma hai dovuto essere onesta, e salutare lui e il suo bambino (peccato, ti ci stavi affezionando…).
È sempre difficile chiudere, per un po’ le labbra sembreranno dover riscoprire come si sorride.
Entri in casa, ed è come la ricordavi, solo un po’ meno luminosa.
I tuoi occhi si erano ormai abituati alla luce del sole su quell’isola… Quell’isola in cui guardavamo i tramonti noi, e che ha visto tramontare anche voi…
E, forse proprio perché ci avevi passato una vacanza con me, uno degli scorsi giorni ti è pure sembrato di vedermi lì, di spalle andare verso il porto… Gli scherzi che gioca l’estate.
E la tua mente torna a me, come un po’ faceva durante i tramonti su quell’isola…
Fai una cosa che non facevi da settimane: accendi il computer.
Controlli la posta.
C’è una mia lettera.
Si intitola “Cose Per Te”.
alberi
1 MarGuardo le macchine passare.
Ogni tanto ai finestrini c’è qualcuno che guarda anche me.
Bambini perlopiù.
Sto immobile e guardo il susseguirsi delle stagioni.
Non posso muovermi: le mie radici sono qui. E di certo non sono famoso per i miei viaggi…
Il vento mi colpisce ma non ci do peso. Non mi interessa. Ne prendo atto, certo. Ma questa è la vita.
Come quando piove: guardo con stupore ogni goccia che mi colpisce, la guardo accarezzarmi e lasciarmi per cadere. E guardo evaporare ciò che ne resta su di me.
Rimango solo io.
Non è passività, o tristezza, bensì serena rassegnazione a ciò che è.
Anche le gocce sanno che dovranno cadere. Accettano e gioiscono del loro essere gocce.
Quanta gioia quando il sole sorge risvegliando tutto, e quanti pensieri quando se ne va spegnendo tutto.
Chiuso in me stesso, non mi è dato di condividere i miei pensieri.
Guardo tutto da qua. Guardo tutti da qua.
Tante vite scorrono senza saperlo. Non guardano, non badano.
Ripeto, non sono triste. Accetto.
Ok, sì, delle volte vorrei vedere anche solo cosa c’è al di là della collina. O scoprire com’è il mondo visto da laggiù.
Una ragazza, passando in macchina ha gettato un foglietto con scritto:
“Oggi ho scoperto che mi piacciono tantissimo gli alberi che si stagliano in cielo.
Anche quelli brutti e spogli.
(anzi, forse più di tutti mi piacciono proprio quelli brutti e spogli!)”.
Per fortuna ogni tanto i tuoi rami si intrecciano coi miei.
balcone
1 OttChissà com’è che a qualcuno è venuto in mente di costruire un balcone.
C’è la finestra, la si fa per far entrare la luce, cambiare l’aria… poi c’hanno messo anche un pezzo di pavimento pure al di fuori della finestra, sospeso lì.
Ci puoi guardare il mondo.
Le nonne lo fanno spesso.
Stanno lì, a fissare la strada, loro che l’hanno vista costruire e popolarsi, piano piano… Il cielo lo guardano meno, le nonne fissano la strada.
Io sul balcone invece guardo il cielo; della strada non me ne frega niente. Eppure se son su dovrei guardare giù… Così, un po’ pensando a questo, un po’ pensando alle nonne, provo a lasciare l’azzurro e le tegole in favore di un po’ di asfalto.
Gente che cammina.
Ricostruisco la vita di ognuno di loro.
Per fortuna c’è qualche bambino: loro sorprendono; hanno molte più azioni degli adulti: camminare, correre, saltare, fissare, piangere, urlare, volare… Insomma, tutte cose che potrebbe fare chiunque, solo che loro le fanno.
Mentre riscrivo i loro giochi, mi accorgo di non essere l’unico che li sta guardando: tra le prime foglie cadute, un paio di stivali. Non camminano. E non riesco a ricostruire la storia dei piedi che li calzano. Sembrano essere semplicemente apparsi lì all’improvviso, tra il giallo.
Faccio dialogare il colore delle foglie con quello degli abiti che ti sei messa sopra a quegli stivali.
Non ti conosco ancora, eppure hai la stessa musica dei bambini. Solo che tu sai anche suonarla.
E come un bambino sai anche volare, e voli al mio fianco, sul balcone, a fissare la strada unendola al cielo.