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i balconi sotto i cieli d’estate

1 Ago

Sei su un balcone. I balconi sono delle mani che ti sollevano verso il cielo, proteggendoti da tutto il resto. Ci stai in mutande, e i balconi mantengono i tuoi segreti.
D’estate i segreti sono di più. Ci si mostra maggiormente, ma i segreti sono di più.
Le stelle sono grandi, sono pallini bianchi. Respiri profondamente.
Pensi che vorresti fare tante cose, ma non vuoi fare niente; vuoi solo dialogare con le stelle, vuoi che capiscano i tuoi occhi.
Pensi a un amore al di là del mare, che nemmeno conosci, e alla musica che vi separa.
La notte è fatta di trombe che suonano piano.
Il mare è… il mare. Com’è profondo il mare…
Ti accorgi che non stai pensando, stai ascoltando. Stai ascoltando quelle immagini nella tua testa, di storie che non hai mai nemmeno vissuto. Non sono nemmeno dei film… cosa ci fanno lì, da dove sono arrivate? Ma le ascolti.
A volte la malinconia è un sentimento che merita di essere goduto da un sorriso solo.
Ti regali quel sorriso, perché non c’è solitudine: sei in compagnia delle stelle – e hanno dei segreti che vogliono rivelare proprio a te.
Com’è profondo il mare…

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balcone

1 Ott

Chissà com’è che a qualcuno è venuto in mente di costruire un balcone.
C’è la finestra, la si fa per far entrare la luce, cambiare l’aria… poi c’hanno messo anche un pezzo di pavimento pure al di fuori della finestra, sospeso lì.
Ci puoi guardare il mondo.
Le nonne lo fanno spesso.
Stanno lì, a fissare la strada, loro che l’hanno vista costruire e popolarsi, piano piano… Il cielo lo guardano meno, le nonne fissano la strada.
Io sul balcone invece guardo il cielo; della strada non me ne frega niente. Eppure se son su dovrei guardare giù… Così, un po’ pensando a questo, un po’ pensando alle nonne, provo a lasciare l’azzurro e le tegole in favore di un po’ di asfalto.
Gente che cammina.
Ricostruisco la vita di ognuno di loro.
Per fortuna c’è qualche bambino: loro sorprendono; hanno molte più azioni degli adulti: camminare, correre, saltare, fissare, piangere, urlare, volare… Insomma, tutte cose che potrebbe fare chiunque, solo che loro le fanno.
Mentre riscrivo i loro giochi, mi accorgo di non essere l’unico che li sta guardando: tra le prime foglie cadute, un paio di stivali. Non camminano. E non riesco a ricostruire la storia dei piedi che li calzano. Sembrano essere semplicemente apparsi lì all’improvviso, tra il giallo.
Faccio dialogare il colore delle foglie con quello degli abiti che ti sei messa sopra a quegli stivali.
Non ti conosco ancora, eppure hai la stessa musica dei bambini. Solo che tu sai anche suonarla.
E come un bambino sai anche volare, e voli al mio fianco, sul balcone, a fissare la strada unendola al cielo.