Perché dobbiamo sempre correre da qualche parte? Perché deve sempre succedere qualcosa?
Oggi non succede niente.
Siamo fermi, tranquilli, persino sdraiati. Non su dell’erba.
Siamo su del verde, sì, ma non erba. Tipo erba sintetica piuttosto. L’hanno stesa qui, lungo il fiume perché arrivano le serate calde, così il fiume si ravviva con bancarelle e gente che non ha voglia di stare in casa.
Lampadine appese.
È faticoso camminare in mezzo alla gente, devi schivare, domandarti che traiettoria prenderà il tizio che sta puntando dritto verso di te, domandarti per quale motivo sei sempre tu a ruotare le spalle per non far male agli altri, mentre gli altri sembrano pronti a sfondarti lo sterno… Invece finalmente, le grandi moquettone verdi. Ai lati di questo fiume di gente lungo il fiume.
Sdraiati lì.
Vuoi qualcosa da bere?
No, manco quello. Solo sdraiati.
Le persone continuano a camminare dividendosi in due: gli spalloni e gli evitaspalle.
Noi, spalla a spalla, li guardiamo.
E guardiamo il fiume oltre a loro, che continua ad osservare e sapere.
Lo skyline di questa città non è forse New York, ma è più caldo, è meno studiato, sono come tanti castelli di sabbia.
Qualche guglia, qua e là. E qualche gabbiano che ci riposa sopra. Invento storie per te:
“Vedi, su quella guglia ha scolpito un gabbiano appollaiato; è simbolico, perché può apparire goffo, eppure quell’essere può volare”. “Ma no, dai, è un gabbiano vero!”.
Ridi.
Respiriamo. Lenti.
Mi accorgo del tuo respiro, forse nello stesso momento in cui tu ti accorgi del mio: sono sincronizzati.
La gente comincia a diminuire. Le spalle sono più spensierate, ma stanche. Le lampadine si spengono.
Ci alziamo.
Andiamo verso la macchina. Prima di salire ti sfioro il braccio, e ti indico la guglia di prima: il gabbiano è ancora lì.
Ridi.
Sopra di noi due gabbiani volano vicini.